Attività di ricerca sulle Stelle Variabili
Fin dai tempi antichi i primi osservatori del cielo notturno, siano essi stati semplici curiosi o astronomi professionisti, si sono accorti che alcune stelle brillavano in modo diverso al passare del tempo: da un massimo di luminosità si passa, gradualmente, ad un minimo di luminosità. Dalla seconda metà del XIX secolo è iniziato uno studio sistematico di questo fenomeno, che ha mostrato come praticamente ogni stella sia variabile: attualmente la comunità scientifica riconosce almeno trenta classi distinte di oggetti stellari, e non-stellari (quasar e nuclei galattici attivi – AGN) a luminosità variabile nel tempo. Per quanto riguarda le sorgenti stellari attualmente oggetto di studio in ambito astronomico, la grande importanza del fenomeno “stelle variabili” è dovuta alla nostra conoscenza incompleta dei processi fisici, che regolano la nascita e l’evoluzione di una stella. Studiare il modo in cui una stella variabile cambia la propria luminosità, al trascorrere del tempo, aiuta gli scienziati a capire meglio la struttura di questi oggetti, e ad affinare i modelli matematici che hanno il compito di rappresentare questo fenomeno dal punto di vista teorico. Sommariamente possiamo descrivere l’ampia gamma degli oggetti astronomici, che manifestano variabilità nella regione ottica dello spettro elettromagnetico (cioè, “nella luce visibile all’occhio umano”), come segue:
- Variabili Estrinseche: i processi che mutano la luminosità di questi oggetti avvengono all’esterno della stella. Ciò può essere dovuto al moto di rotazione della stella ed alla presenza di macchie alla fotosfera (la “superficie” della stella); oppure causato da periodiche eclissi da parte di un’altra stella legata gravitazionalmente alla prima. Da questa categoria, nel caso delle eclissi è possibile avere preziose informazioni sulla massa di una stella (cioè, quanto “pesa” la stella): la massa gioca un ruolo determinante sulla evoluzione della stella. Nel caso delle macchie, si hanno indizi preziosi sul campo magnetico della stella.
- Variabili Intrinseche: i processi che mutano la luminosità di questi oggetti avvengono all’interno della stella. Ciò può essere dovuto a pulsazioni (variazione del raggio stellare, o deformazioni più complesse); oppure a eruzioni di plasma dalla fotosfera; oppure esplosioni cataclismiche causate dall’interazione violenta tra stelle legate gravitazionalmente (sistemi binari interagenti), in particolare nel caso più drammatico si ha la completa distruzione della stella (supernova di tipo Ia). Da questa categoria, nel caso della pulsazione o del meccanismo di supernova Ia, è possibile ottenere preziose informazioni sulla luminosità assoluta della stella (e, per la pulsazione, ottenere una relazione tra il periodo di variazione luminosa e la luminosità assoluta), che permette di determinare distanze su scala cosmica: le cosiddette Candele Standard, un “metro” indispensabile laddove altri metodi di misura falliscano (per esempio, il metodo della parallasse trigonometrica fallisce già a distanze molto inferiori alle dimensioni della nostra galassia, la Via Lattea).
Come studiare le stelle variabili: concetti di base
L’idea di fondo è paragonare la luce della stella variabile con quella di alcune stelle di confronto, non variabili, il tutto prendendo nota di questi valori nel corso del tempo. Si utilizza un dispositivo elettronico per acquisire l’immagine: una fotografia della zona del cielo dove stanno sia la stella variabile sia le stelle di confronto. Poi si “calibrano” le immagini per togliere tutti i difetti che il telescopio o il sensore possono causare, in modo che la misura della luce delle stelle sia attendibile. Dopo di che si organizzano, idealmente su un foglio millimetrato, i puntini che rappresentano le nostre stime nel corso del tempo: questa è la “curva di luce”. Si cerca di capire quanto tempo impiega la stella a variare la sua luminosità: questo è il “periodo di oscillazione”. Da questo possiamo “piegare” la curva di luce come a fisarmonica, per lungo, in modo che rimangano bene in vista i nostri puntini scalati entro un periodo di oscillazione: questa è la “curva di fase”, che ci permette di classificare il tipo di stella variabile, e di studiarne alcune proprietà fisiche. Tutta la procedura oggigiorno è assistita da software dedicato.
Per maggiori informazioni
Referente del progetto: Davide Iannone ([email protected])